Discorso alla conferenza di lavoro del CC del PCC1

 
25 ottobre 1966
 
 
 
Ho solo poche cose da dire in merito ad un paio di questioni.
Io credo che, negli scorsi diciassette anni, alcune cose non siano state fatte bene, per esempio sul piano della coscienza culturale.
In origine, allo scopo di mettere in sicurezza la nazione, tenendo presente la lezione di Stalin e dell’Unione Sovietica, per impedire la ricomparsa di un Malenkov e al manifestarsi del problema del revisionismo, effettuammo una divisione fra prima e seconda linea. Io stavo nella seconda linea, altri compagni nella prima. Adesso, guardandoci alle spalle, vediamo come questa non sia stata assolutamente una buona scelta. La conseguenza è stata un’eccessiva dispersione. Una volta entrati nelle città, non fummo in grado di centralizzarci a sufficienza, ma con la divisione fra prima e seconda linea si sono venuti a creare dei veri e propri “regni indipendenti”. Perciò l’undicesima Sessione plenaria del CC ha provveduto al problema della divisione fra prima e seconda linea.
Prima dell’undicesima Sessione plenaria, io ero inserito nella seconda linea, non mi occupavo degli affari quotidiani, che venivano invece gestiti in grande misura da altre persone con la speranza che costoro potessero stabilire il proprio prestigio fra le masse, in modo tale che, nel momento in cui fossi andato a trovare Marx, la Cina non ne sarebbe stata sconvolta. Questo era il significato originale della divisione fra prima e seconda linea. Tutti si erano trovati d’accordo. Tuttavia il modo in cui i compagni della prima linea hanno gestito le cose di loro competenza non è stato appropriato. Ora il sistema della prima e della seconda linea è già stato corretto, ma le guardie rosse non ne sono ancora consapevoli.
Anch’io ho delle responsabilità. Perché dico questo? Perché per primo fui io a proporre di istituire una Segreteria e di creare una prima e una seconda linea all’interno del Comitato permanente dell’Ufficio politico. Inoltre, ho riposto troppa fiducia in altre persone.
È stato all’epoca dei “ventitré punti”2 che ho innalzato la mia vigilanza. Aveva cominciato a presentarsi tutta una serie di problemi, ma a Pechino non c’era verso di risolverli. Ecco il problema che esisteva nella prima linea del Centro. Proprio per questo, come avvertimento, chiesi: che fare se a Pechino dovesse comparire il revisionismo? Mi riferisco a settembre e ottobre dell’anno scorso. Avevo la sensazione che a Pechino non si potessero mettere in pratica le mie idee. Perché la critica a Wu Han non è partita da Pechino? Perché a Pechino non c’era nessuno disposto a farla, e per questo è partita da Shanghai. Il saggio del compagno Yao Wenyuan3 è stato pubblicato a Shanghai. Adesso possiamo dire che il problema di Pechino sia stato fondamentalmente risolto.
Parlerò anche di un’altra cosa, cioè del movimento della Grande Rivoluzione culturale in corso.
Promuovendo la pubblicazione di un manifesto murale a grandi caratteri4, con la lettera che ho inviato alle guardie rosse della scuola media annessa all’Università Tsinghua e infine con il mio stesso manifesto murale a grandi caratteri, ho provocato un disastro.
Non avevamo ancora diffuso la mia lettera alle guardie rosse della scuola media annessa all’Università Tsinghua che loro già ne erano al corrente e l’avevano distribuita. Comunque il movimento della Rivoluzione culturale è stato decisamente repentino: con giugno, luglio, agosto, settembre e adesso ottobre, non fanno neanche cinque mesi. Per questo motivo i compagni non hanno compreso bene la situazione.
Non avevamo ancora diffuso il manifesto murale della Beida, che già tutto il Paese si era sollevato; non avevamo ancora inviato la lettera alle guardie rosse, che già le guardie rosse di tutto il Paese si erano messe in movimento. Ci sono guardie rosse di ogni tipo, solo a Pechino esistono tre o quattro quartier generali. Non appena si sono messe in moto, le guardie rosse ve ne le hanno cantate per bene. *Sono stato io a causare tutta questa confusione, perciò non è incredibile che voi ce l’abbiate con me*.
Alla scorsa riunione dissi che forse non tutti avrebbero messo in pratica le decisioni adottate5. In effetti un certo numero di compagni non le ha capite bene. Dopo due mesi, ci siamo “toccati la coda” e abbiamo acquisito una certa esperienza, quindi questa conferenza è andata relativamente meglio.
Questa conferenza si è sviluppata in due fasi: i discorsi fatti nella prima fase erano decisamente fuori dall’ordinario, mentre nella fase successiva ci si è sostanzialmente corretti. È cambiato il vostro modo di pensare. In breve, questo movimento si è svolto per cinque mesi, ma forse ha bisogno di altri due o altri cinque mesi, o persino qualcosa di più. In questo periodo potremo acquisire nuove esperienze e, successivamente, trarre un bilancio.
La nostra rivoluzione democratica borghese ha trionfato solo dopo ventotto anni. All’inizio tutti, me compreso, non sapevamo nemmeno come fare la rivoluzione. Dal 1921 al 1949 fanno ventotto anni. Noi stessi in quel periodo adottavamo il metodo di fare il bilancio dell’esperienza passo dopo passo, nel mezzo della pratica, per elaborare la via giusta da seguire. La rivoluzione democratica borghese è andata avanti per ventotto anni, mentre la rivoluzione socialista è in corso da diciassette anni. Questa rivoluzione culturale ha appena cinque mesi, quindi non si può pretendere che i compagni abbiano già capito tutto.
Dal lancio della critica a Wu Han nel novembre scorso, molti compagni non hanno letto gli articoli in questione, né si sono dati un gran daffare per prendere in mano la situazione. Non parliamo neanche della rivoluzionarizzazione dell’opera di Pechino, della critica a La vita di Wu Xun , della critica al Saggio su “Il sogno della camera rossa” di Yu Pingbo, della critica a Hu Shi6 e via discorrendo. In passato, mancava una comprensione completa su tutte queste cose. Per me, questa è una responsabilità che mi devo assumere io. Chi altri ha permesso che non padroneggiaste metodicamente queste questioni? Prendere tutti questi punti separatamente è come “curare i sintomi ma non le cause”: in questo modo non si può risolvere il problema.
Nei mesi precedenti questa Grande Rivoluzione culturale, dal novembre dell’anno scorso al maggio di quest’anno, pur avendo scritto un sacco di articoli e pur avendo diramato una circolare il 16 maggio, non eravamo riusciti a sollevare un’attenzione poi tanto grande. Sono convinto che, se non fosse stato per l’impeto dei manifesti murali a grandi caratteri e delle guardie rosse, voi avreste continuato a fare finta di niente. A giudicare dalle parole dei compagni, direi che la rivoluzione vi ha travolto. Se le cose stanno così, si faccia subito un bilancio dell’esperienza!
Per quel che riguarda le scuole, vale il detto: “Grande demone in piccolo tempio, tante tartarughe in basso stagno”. Perciò bisogna affidarsi alle forze interne alle scuole: le squadre di lavoro non servono, io non servo, voi non servite, non servono nemmeno i comitati provinciali. Per la lotta e la trasformazione bisogna contare sulle unità di base delle scuole, non sulle squadre di lavoro.
Perché, a distanza di due mesi, teniamo quest’altra conferenza di lavoro? È proprio per fare dei bilanci e svolgere un lavoro politico e ideologico, come ha detto il compagno Lin Biao. Ciò è giustissimo. Al vostro ritorno avrete un’enorme quantità di lavoro politico e ideologico da fare. Gli uffici del CC, le province, le prefetture e le contee devono tenere assemblee di una decina di giorni e fare chiarezza sul serio rispetto alle varie questioni. Non bisogna volere a tutti i costi che le cose siano chiare per tutti fin dall’inizio, ciò non è possibile, inevitabilmente ci sarà chi non capirà pienamente.
Svariati compagni mi hanno detto: “Sono d’accordo con i principi, ma quando si incontrano dei problemi concreti, non riesco a saltarne fuori”. Non capivo come ciò potesse essere possibile. Se i principi sono chiari, come si fa a non risolvere i problemi concreti? Adesso mi pare di intravedere un senso dietro queste argomentazioni; altrimenti perché mi avrebbero detto così? Se si approvano i principi, ma, una volta a contatto con i problemi concreti, non li si riesce a risolvere, temo che non si sia fatto un sufficiente lavoro politico e ideologico. Ad esempio, dopo la scorsa riunione non ci sono state delle buone assemblee, in alcuni posti addirittura non se ne sono tenute affatto, in altri ancora se ne sono tenute, ma non sono state adeguate, e le guardie rosse hanno provocato dei disordini. *Nello Hunan* su dieci segretari, sette o otto si occupavano di ricevere le guardie rosse, ma sono andati a rilento e ciò ha provocato della confusione. Gli studenti erano arrabbiati, ma loro non ne erano consapevoli, non si erano preparati a rispondere alle domande che gli sarebbero state poste. Erano convinti di poter gestire le cose superficialmente, tenere un discorso di benvenuto e risolvere i problemi in quattro e quattr’otto. Tuttavia gli studenti erano su tutte le furie e, non appena hanno posto delle domande, i segretari non sono stati in grado di rispondere ed hanno assunto un atteggiamento passivo. Anche questa passività può essere corretta e trasformata in attività.
Ora ho più fiducia nella situazione che verrà a crearsi dopo questa conferenza. Non ripeterò le cose che dissi alla scorsa conferenza, ma dirò che se al vostro ritorno agirete ancora sulla base delle vecchie convenzioni, terrete la situazione così com’è, vi metterete contro le guardie rosse, o metterete una fazione di guardie rosse contro un’altra per “fare da scorta all’imperatore”, allora avremmo anche potuto non convocare questa conferenza. Io sono convinto che questo stato di cose possa essere trasformato e che le circostanze abbiano già cominciato a migliorare. Naturalmente non si può pretendere troppo. Non è detto che i quadri a livello centrale, provinciale, di prefettura e di contea, per non parlare di quelli dei livelli inferiori alla contea, capiranno tutto in un batter d’occhio. C’è sempre qualcuno che non riesce a capire, ma fa parte di una piccola minoranza o potrebbe persino passare sul campo opposto. Ciononostante, siamo convinti che la grande maggioranza sarà in grado di comprendere.
Ho quindi parlato di due cose. Una è di carattere storico, dato che ho parlato della questione della divisione fra prima e seconda linea. La seconda riguarda la questione della Grande Rivoluzione culturale.
Sono stato io ad accendere il fuoco della Grande Rivoluzione culturale. È successo tutto in gran fretta, appena qualche mese. I neanche sei mesi di questa rivoluzione culturale non reggono il confronto con i ventotto anni della rivoluzione democratica borghese ed i diciassette della rivoluzione socialista. Si capisce quindi perché le cose non siano state comprese e perché siano sorte delle contraddizioni; è naturale. Molti compagni in passato si limitavano al lavoro economico, all’industria, all’agricoltura, alle comunicazioni e ai trasporti, tutt’al più svolgevano anche qualche altra attività politico-amministrativa, ma non gli era mai passato per la testa di intraprendere questa Grande Rivoluzione culturale. *Lo stesso vale per voi del Ministero degli Esteri e per voi della Commissione militare.* Non è forse vero che ora gli studenti sono su tutte le furie? Si è verificato quello che non avreste mai immaginato potesse accadere. È avvenuto, c’è poco da fare. Io trovo che essere attaccati porti dei vantaggi, perché ci ha costretti a riflettere sulle questioni che avevamo messo da parte per molti anni. Che sarà mai commettere qualche errore? Che c’è di così terribile? Se commettete degli errori di linea, ebbene correggetevi. Chi vuole rovesciarvi? Io non voglio rovesciarvi, e penso che nemmeno le guardie rosse vogliano farlo. Due guardie rosse hanno detto che, attraversando il Paese, non si sarebbero mai aspettate che alcuni dirigenti anziani fossero così terrorizzati dalle guardie rosse. “Che c’è di così spaventoso nelle guardie rosse?”, hanno chiesto. Un compagno a casa ha quattro guardie rosse, ossia i suoi figli, che appartengono a quattro fazioni diverse, così i loro compagni di scuola vanno spesso a casa sua in gran numero, in certi casi persino a decine alla volta! Questo compagno, che prima non conosceva tante persone, ha avuto così modo di entrare a contatto con altre cinque, dieci, cento persone7. Credo che sia vantaggioso vedersi a piccoli gruppi. Un altro metodo è tenere assemblee da un milione e mezzo di persone per qualche ora. Possono funzionare entrambi i metodi.
Ho letto quasi tutti i rapporti presentati a questa conferenza. Per voi è difficile varcare questa soglia, ma anche per me non è cosa facile. Il tempo è stato troppo poco; alcuni hanno detto di avere commesso gravi errori di linea in buona fede, poiché erano confusi. Costoro possono essere scusati. Non si può nemmeno addossare tutta la colpa al compagno Liu Shaoqi ed al compagno Deng Xiaoping. Anche gli errori da loro commessi hanno una causa.
In passato, la prima linea del CC non ha svolto un buon lavoro di direzione. Il tempo è stato troppo poco, è mancata un’adeguata preparazione ai nuovi problemi ed il lavoro politico e ideologico non è stato condotto bene. Per questo motivo abbiamo convocato questa conferenza di diciassette giorni. Per come la vedo io, d’ora in avanti le cose potranno migliorare.
*Qualcun altro vuole parlare? Per oggi è tutto, la conferenza si aggiorna.*
 
 
 
NOTE
 
La fonte dell’opera è Mao Zedong Sixiang Wansui (Viva il pensiero di Mao Zedong ), vol. 1961-1968.
 
*Di questo testo esistono due versioni: una “grezza”, pubblicata nel Wansui sulla base della registrazione del discorso, ed una riveduta e corretta da Mao il 1° novembre 1966 e pubblicata negli annali del PCC. La traduzione è stata effettuata sulla base di quest’ultima versione, ma certe affermazioni contenute nel Wansui , eliminate da Mao nel corso della revisione (probabilmente per questioni contingenti alla situazione di allora), sono state inserite fra asterischi (*…*) o nelle note.
1. La conferenza di lavoro del CC del PCC si svolse dal 9 al 28 ottobre 1966, ad appena due mesi dalla precedente conferenza tenutasi in agosto, allo scopo di discutere della lotta fra le due linee nella Grande Rivoluzione culturale proletaria. Lin Biao tenne il discorso di apertura. Chen Boda tenne un rapporto a nome del Gruppo per la Rivoluzione culturale sotto il CC l'11 ottobre, data in cui era prevista la conclusione della conferenza, ma il dibattito innescato dal rapporto ne rese necessario il prolungamento. Liu Shaoqi fece autocritica il 23 ottobre, Deng Xiaoping il 24. Zhou Enlai tenne il discorso di chiusura. La conferenza avviò la lotta alla linea reazionaria borghese.
2. Ad andare sotto l’abbreviazione “ventitré punti” è il documento: Alcuni problemi attuali sollevati nel movimento di educazione socialista nelle campagne , redatto alla conferenza nazionale di lavoro del 15-28 dicembre 1964 e diramato dal CC del PCC il 14 gennaio 1965, nel quale per la prima volta si denunciavano i dirigenti del Partito e dello Stato avviatisi sulla via capitalista (o “zuozipai”).
3. Si riferisce all’articolo: Critica del nuovo dramma storico La destituzione di Hai Rui ”, pubblicato sulla rivista Wenhui Bao il 10 novembre 1965.
4. Si riferisce al manifesto murale a grandi caratteri scritto da Nie Yuanzi ed altri e affisso all’Università di Pechino il 25 maggio 1966 dal titolo: Che stanno facendo Song Shuo, Lu Ping e Peng Peiyun nella rivoluzione culturale? Si trattava, rispettivamente, di un segretario di cellula dell’Università di Pechino, del presidente dell’Università e primo segretario del Comitato universitario del PCC e di una vicesegretaria del Comitato universitario.
5. Parole pronunciate all’undicesima Sessione plenaria dell’VIII CC del PCC (1-12 agosto 1966).
6. La critica al film La vita di Wu Xun per contrastare l’esaltazione del proprietario terriero riformista borghese Wu Xun (1838-1896), al Saggio su “Il sogno della camera rossa” , permeato di idealismo borghese, ed al pensiero pragmatista di Hu Shi (1891-1962), furono tra le prime campagne culturali del PCC, lanciate nel 1951 e nel 1954 da Mao in persona.
7. Nel testo del Wansui , si esplicita che l’indignazione delle due guardie rosse per la paura dei dirigenti anziani era rivolta al primo segretario del Comitato municipale di Pechino del PCC Li Xuefeng, e che il padre delle quattro guardie rosse era Wu Xiuquan. Mao ne parla anche nel discorso alla riunione dell’Ufficio politico del CC dedicata all’esame dei rapporti di lavoro del 24 ottobre 1966, il giorno prima di tenere questo discorso.